Sto leggendo "Disorientale", e mi sono reso conto che il romanzo è piuttosto lungo e articolato. Il protagonista, che parla in prima persona, si chiama Stefano. È evidente che l'autore dichiara così di scrivere di se stesso, di raccontare le sue esperienze in un racconto autobiografico. Sarà davvero così? Certo, se si tratta di un'opera di fantasia, l'autore si è ben documentato. Parla del Giappone, racconta di luoghi, nomi, aspetti della cultura del paese del Sol Levante in modo molto convincente.
Ecco come Zenghi descrive il posto in cui vive.
In cima alla collina di Ichijoji c’è la casa della signora Nakamura, un’enorme costruzione in legno dove ho affittato una stanza sei mesi fa, dopo che ho lasciato la gaijin-house. Questa zona, ai piedi del Monte Hiei, a Nord-est di Kyoto, è uno dei posti più belli che io abbia mai visto. Una delle poche zone urbane in Giappone dove esistono ancora costruzioni e persone totalmente... giapponesi. Per la prima volta negli ultimi dieci anni, sono riuscito a stare nello stesso posto per più di tre mesi senza impazzire.
La porta della mia camera non è chiusa a chiave. Per una questione di principio la lascio sempre aperta, anche perché non c’è nessun motivo particolare per cui dovrei chiuderla. Basta dare un’occhiata dentro per capire che non c’è assolutamente niente che valga la pena di rubare. Sei tatami di pavimento, un tavolino, un cuscino, una stufa a kerosene e uno scaffale con i libri, circa centocinquanta – tutto qui. Non mangio mai in camera, per una questione di autodisciplina, e ho bisogno solo dello strettamente indispensabile. I vestiti e il futon sono nell’armadio a muro.
A dire la verità, questa sarebbe la situazione ideale, quella magari mi ritroverò un bel giorno. La realtà è un po’ diversa. L’omissione sta nel fatto che nell’armadio a muro c’è il mio laboratorio segreto. Dietro al futon c’è un pannello di cartone che nasconde un lettore mini-disc, che funziona da centro duplicazione CD, un vecchio Trinitron da 14 pollici e un videoregistratore (trovati insieme vicino ai sacchi dell’immondizia, in fondo alla via dove abito) e un vecchio Macintosh portatile collegato in rete. Questi oggetti sono il mio inevitabile peccato, e il mio grande segreto. Nessuno mai li ha visti, perché quasi nessuno entra nella mia stanza. Il semplice fatto che sia vuota e che gli unici oggetti visibili siano dei libri la rende inospitale, mi sono reso conto.
Anche se in alcuni punti lo stile mi sembra un po' approssimativo, mi piace! E la sensazione è proprio che chi scrive parli di luoghi in cui ha davvero vissuto. Sarà solo abilità narrativa? O Stefano Zenghi scrive di esperienze realmente vissute? Non mi resta che innovare l'invito: STEFANO, FATTI VIVO!
martedì 6 ottobre 2009
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Nel caso ti interessi, un posto che si chiama Ichijoji ai piedi del Monte Hiei c'e' davvero, ma Nakamura (sempre sia una persona reale...) e' un nome molto comune, non credo sia semplice rintracciare la casa.
RispondiEliminaHai intenzione di postare altri pezzi? Quanta e' lunga la storia?
Marco da Kusatsu (vicino a Kyoto)