Nei post precedenti ho scritto che "Disorientale" è interessante, divertente, erotico e altro, ma comincio a pensare che ci sia qualcosa che non quadra. Voglio dire, dall'incontro con Fumiko in poi una sottile sensazione di disagio ha cominciato, impercettibilmente, ad accompagnare la lettura. Perché? Faccio un'ipotesi. Stefano, il protagonista, è innamorato del Giappone, della sua cultura, della sua gente, delle sue donne. Ma l'immagine che si è costruito del Giappone probabilmente non combacia perfettamente con la realtà. C'è un disallineamento, una discrepanza, qualcosa che stride e che suscita una leggera ansia. La realtà non corrisponde esattamente a ciò che Stefano immaginava quando ha deciso di stabilirsi a Kyoto. Ecco forse il motivo di certe reazioni un po' scomposte, di certi giudizi che appaiono eccessivi, di certi atteggiamenti canzonatori. Penso all'episodio di uno sgradevole incontro che Stefano fa in treno con un impiegato, battezzato poco più avanti "Porro-san."
L’espresso che mi riporta a Kyoto il pomeriggio è sempre irrimediabilmente pieno, e sono già felice quando riesco a sedermi. Di certo non mi faccio problemi se qualcuno mi si siede di fianco, anche se oggi devo dire che sono stato particolarmente sfigato. Alla mia sinistra c’è un impiegato grassoccio sui 40-45, vestito male, con un codice a barre al posto dei capelli e un alito misto di cucina cinese e birra già alle sei della sera. In effetti è completamente ubriaco, e la situazione peggiora ancora quando comincia a leggere un fumetto porno in cui una ragazza viene mutilata, e lui grugnisce, come se trovasse il tutto molto divertente Il treno è lanciato verso Kyoto, ma vorrei che fosse ancora più veloce, dieci volte più veloce, e che fossimo già a Demachiyanagi, dove la tortura che la presenza di questo essere mi sta imponendo presumibilmente avrà termine. Cerco di distrarmi guardando fuori dal finestrino, la suburbia di Osaka nel tramonto nascosto dalle nuvole, ma c’è poco da fare: sono seduto di fianco ad una persona che mi disgusta al livello di impedirmi di concentrarmi su altre cose. Per un attimo mi illudo quindi di poter staccare la spina, e di potermi rilassare, ma succede l’orrido contrario, con i miei occhi che impietosamente sondano la faccia dell’orribile uomo, scovando un porro violaceo che pende dal mento. La sottospecie di uomo è addormentato, e questo purtroppo mi permette un’osservazione ancora più accurata. E non sono solo gli occhi, anche le mie narici si rendono cinicamente iperattive e inalano l’alito speziato, e per un momento mi viene davvero un conato. Il manga è scivolato per terra, e lo calcio bene sotto al sedile davanti, dove sono seduti altri due impiegati.
Ecco, la mia impressione è che Stefano, nonostante le sue sedute di zazen, abbia qualche problema nell'accettare le cose come sono, e temo che questo possa essere un ostacolo nel trovare la serenità. Mi chiedo se nel seguito del romanzo questa mia sensazione sarà confermata, e se Stefano riuscirà ad avere col Giappone una bella storia d'amore.
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