mercoledì 28 ottobre 2009

Primo capitolo

Ho finito di correggere il primo capitolo e, come avevo promesso, lo rendo disponibile per tutti coloro che vorranno leggerlo. Per scaricarlo fate clic qui. Dovrebbe comparirvi una finestra simile a quella che vedete alla fine dell'articolo, fate clic su "download" e in pochi secondi dovreste avere il file sul vostro computer. È un file di testo .rtf, quindi dovreste poterlo leggere con quasi qualunque programma per la scrittura.
Ho cercato di non intervenire troppo, mi sono limitato ad aggiustare un po' la punteggiatura, a mettere qualche maiuscola dove mancava e a modificare qualche frase che mi pareva poco comprensibile. Piccole cose che probabilmente sono sfuggite a Zenghi mentre scriveva.
Spero che questo primo capitolo vi piaccia come piace a me, e che vi dia un'idea di che cos'è il romanzo. Naturalmente sarò felice di leggere dei commenti, quindi se avete qualcosa da dire non esitate! ;)
Nei commenti potete anche scrivere se avete problemi con il download.
Non ho ancora nessuna notizia di Stefano Zenghi, ma forse la voce si sta un po' spargendo, chissà che un giorno…


sabato 24 ottobre 2009

Porro-san

Nei post precedenti ho scritto che "Disorientale" è interessante, divertente, erotico e altro, ma comincio a pensare che ci sia qualcosa che non quadra. Voglio dire, dall'incontro con Fumiko in poi una sottile sensazione di disagio ha cominciato, impercettibilmente, ad accompagnare la lettura. Perché? Faccio un'ipotesi. Stefano, il protagonista, è innamorato del Giappone, della sua cultura, della sua gente, delle sue donne. Ma l'immagine che si è costruito del Giappone probabilmente non combacia perfettamente con la realtà. C'è un disallineamento, una discrepanza, qualcosa che stride e che suscita una leggera ansia. La realtà non corrisponde esattamente a ciò che Stefano immaginava quando ha deciso di stabilirsi a Kyoto. Ecco forse il motivo di certe reazioni un po' scomposte, di certi giudizi che appaiono eccessivi, di certi atteggiamenti canzonatori. Penso all'episodio di uno sgradevole incontro che Stefano fa in treno con un impiegato, battezzato poco più avanti "Porro-san."

L’espresso che mi riporta a Kyoto il pomeriggio è sempre irrimediabilmente pieno, e sono già felice quando riesco a sedermi. Di certo non mi faccio problemi se qualcuno mi si siede di fianco, anche se oggi devo dire che sono stato particolarmente sfigato. Alla mia sinistra c’è un impiegato grassoccio sui 40-45, vestito male, con un codice a barre al posto dei capelli e un alito misto di cucina cinese e birra già alle sei della sera. In effetti è completamente ubriaco, e la situazione peggiora ancora quando comincia a leggere un fumetto porno in cui una ragazza viene mutilata, e lui grugnisce, come se trovasse il tutto molto divertente Il treno è lanciato verso Kyoto, ma vorrei che fosse ancora più veloce, dieci volte più veloce, e che fossimo già a Demachiyanagi, dove la tortura che la presenza di questo essere mi sta imponendo presumibilmente avrà termine. Cerco di distrarmi guardando fuori dal finestrino, la suburbia di Osaka nel tramonto nascosto dalle nuvole, ma c’è poco da fare: sono seduto di fianco ad una persona che mi disgusta al livello di impedirmi di concentrarmi su altre cose. Per un attimo mi illudo quindi di poter staccare la spina, e di potermi rilassare, ma succede l’orrido contrario, con i miei occhi che impietosamente sondano la faccia dell’orribile uomo, scovando un porro violaceo che pende dal mento. La sottospecie di uomo è addormentato, e questo purtroppo mi permette un’osservazione ancora più accurata. E non sono solo gli occhi, anche le mie narici si rendono cinicamente iperattive e inalano l’alito speziato, e per un momento mi viene davvero un conato. Il manga è scivolato per terra, e lo calcio bene sotto al sedile davanti, dove sono seduti altri due impiegati.

Ecco, la mia impressione è che Stefano, nonostante le sue sedute di zazen, abbia qualche problema nell'accettare le cose come sono, e temo che questo possa essere un ostacolo nel trovare la serenità. Mi chiedo se nel seguito del romanzo questa mia sensazione sarà confermata, e se Stefano riuscirà ad avere col Giappone una bella storia d'amore.

L'episodio di Porro-san mi fa venire in mente i meravigliosi
uomini vomitanti di Altan.

martedì 20 ottobre 2009

Ah, l'amore!

Ci siamo: "Disorientale" è una storia d'amore! No, va be', è una battuta; però Stefano incontra una ragazza (giapponese, naturalmente), ci fa l'amore, e non riesce più a togliersela dalla testa. Fumiko, questo il nome della ragazza, amica di amici, un giorno si presenta nella stanza dove abita Stefano. Siamo alla fine del nono capitolo:

E per una decina di secondi c’è solo questa visione di questa ragazzina che si guarda intorno, poi sorride un paio di volte, senza guardarmi direttamente negli occhi, e io mi chiedo se non sono per davvero in un sogno. Con uno sforzo sovrumano riesco a sedermi, e mi prendo le ginocchia con le mani, cercando di darmi un tono usando meno energia possibile. Perché la notte potrebbe essere lunga. La vita potrebbe essere davvero interessante, d’ora in poi. Sto bruciando vivo, in silenzio, tranquillamente. Finalmente lei punta un indice verso un angolo della mia camera dove non c’è assolutamente niente, e dice con una pronuncia da British Council (seconda o terza lezione): – Hello, my name is Fumiko.

In realtà mi pare di capire, dalla lettura del capitolo successivo, che la relazione con Fumiko sarà piuttosto tormentata. Ma è comunque una bella svolta nel romanzo, e sono curioso di vedere come andrà quella che potrebbe essere una bella storia d'amore.


L'immagine qui sopra (il kanji per amore) l'ho preso da japanese.about.com - Spero non ci siano problemi…

domenica 18 ottobre 2009

Un'idea

Ho pensato una cosa.
Il romanzo mi piace, ma come ho già detto ci sono parecchi errori. Refusi, ma anche frasi non immediatamente comprensibili, false friends (evidentemente Zenghi non viveva in Italia già da parecchio tempo quando ha scritto "Disorientale", e quindi pensava in inglese e scriveva in italiano) ed errori di ortografia veri e propri. Anche la punteggiatura è un po' "casuale", e qualche volta impedisce al periodo di scorrere con fluidità.
Allora ho pensato che, mentre proseguo con la lettura, comincerò a correggere il primo capitolo, e se capisco come si fa, renderò il risultato disponibile qui sul blog, in modo che chi lo vorrà potrà leggerlo e farsi un'idea.
Naturalmente rimane valido l'invito rivolto a Zenghi. Lungi da me l'idea di appropriarmi indebitamente della sua opera! Quindi, Stefano Zenghi (o come ti chiami), se vieni a sapere di questo blog, fatti vivo!

venerdì 16 ottobre 2009

La pettinatura da idiota anni 80

In questi giorni sono raffreddato, e una fastidiosa tosse stizzosa mi opprime. Ma è un'ottima condizione per leggere, così sono andato avanti con "Disorientale." Devo dire che Zenghi ha anche un notevole senso dell'umorismo. Non sono poche le volte in cui, leggendo, mi diverto. A volte si tratta solo di un sorriso, altre volte rido proprio, e non è una cosa che mi capiti molto frequentemente leggendo un romanzo. Per esempio, nel terzo capitolo racconta una sua giornata alla Cultural Connection di Osaka, dove insegna italiano. Si lamenta del fatto che i suoi studenti fatichino a imparare la lingua, e a un certo punto racconta l'episodio del signor Oshima.

Seduto al tavolo mi aspetta Oshima-San. Un dermatologo maniaco della pittura rinascimentale, che studia a memoria le frasi delle guide per turisti e che ha l’elasticità mentale di una tavola di marmo. Mi riprometto di mettercela davvero tutta. Comincio a pensare che stasera ho zazen, e che Mu-San mi vuole vedere arrivare sereno. Metto in ordine le fotocopie che ho preparato per questa lezione cercando di dare un’impressione di professionalità, alzo lo sguardo e sorrido con gli occhi al mio studente ultrasessantenne. Mi sforzo di usare un tono di voce più basso e serio del mio. – Buongiorno, – esordisco. – Bene, grazie, e Lei?

Nel settimo capitolo invece Zenghi ci fa entrare al Pig'n'Whistle, un pub di Kyoto (esiste: l'ho trovato su Google) che lui definisce "feudo dei gaijin locali", e qui ci fa conoscere Flanagan.

Sondo il salone, e, mentre il mio intestino si attorciglia intorno a se stesso, non posso fare a meno di vedere Flanagan appoggiato al bancone del bar. È un inglese (credo) sui cinquanta, con la pancia e una pettinatura da idiota anni ottanta, capelli corti sulle tempie e sopra, ma lunghi dietro. Tipo Duran Duran degli anni d’oro, o tipo un qualunque giocatore sfigato di hockey su ghiaccio. Ma la cosa che mi urtica orribilmente di lui è che è sempre con delle ragazze molto carine e che, per una legge cosmica che mi sfugge completamente, a queste ragazze carine lui piace. Anche stasera è con una coreana che conosco di vista. Lei ha questi pantaloncini di jeans e mezzo culo di fuori, e lui glielo massaggia fra un sorso e l’altro. Che bastardo.

lunedì 12 ottobre 2009

XXX

C'è un aspetto di "Disorientale" che forse non lo rende una lettura adatta a tutti. Sto parlando di sesso! Il protagonista, Stefano, scrive con molta disinvoltura delle sue fantasie sessuali, che hanno per protagonista quella che lui chiama "F**a Gialla". Descrive siti porno che è solito frequentare. Racconta di come si masturba. Ricorda una prostituta tailandese con cui ha passato momenti bellissimi. E questo a poche pagine dall'inizio del romanzo. Mi chiedo se più avanti ci sarà dell'altro…

giovedì 8 ottobre 2009

Ka-zan

Una delle cose che più mi piacciono di Disorientale è il modo in cui Zenghi racconta gli aspetti sociali e culturali del Giappone. C'è un pezzo sulla lingua che voglio riportare qui.

La lingua giapponese è per me un altro dei piaceri della vita. (…) Il giapponese scritto è la lingua più complessa del mondo. Provo a spiegare. Esistono circa duemila kanji di uso comune, alcuni molto simili, ma uno diverso dall’altro. Alcuni si scrivono con uno o due tratti, altri con oltre venti. Un tratto sbagliato, il significato cambia, e il professore quando lo vede sorride e scarabocchia qualcosa che dovrebbe essere una correzione, di cui però non si capisce mai nulla. A complicare il tutto c’è il fatto che il modo di leggere i caratteri non è regolare, ma è dettato dalle varie combinazioni di kanji. Esempio: il kanji per "fuoco", se è da solo e vuol dire appunto fuoco, si legge "hi". Quello per "montagna" si legge "yama". Questi due kanji, se scritti uno dopo l’altro (non esistono spaziature in giapponese), hanno il logico significato di: fuoco + montagna = vulcano. Il problema è che non si leggono "yama-hi", ma "ka-zan".

Stupefacente. Studiare il giapponese dev'essere una delle cose più difficili del mondo. Bisogna anche dire che io non sono molto portato… Volevo rispondere a Marco che ha lasciato un commento (il primo!) al mio secondo post: grazie Marco, avevo controllato anch'io che Ichijoji fosse un posto realmente esistente, è una cosa che voglio fare man mano che incontro descrizioni di luoghi nel romanzo. Ecco, per esempio Google non dà risultati per "Cultural Connection", la scuola di Osaka dove Zenghi dice di insegnare italiano. Un nome inventato? O forse una scuola che c'era, ma che ora non esiste più? A proposito di Ichijoji, ho trovato un bel poster di un vecchio film giapponese anni 50: "Duello al tempio di Ichijoji", che potete vedere qui sotto.


martedì 6 ottobre 2009

Sto leggendo

Sto leggendo "Disorientale", e mi sono reso conto che il romanzo è piuttosto lungo e articolato. Il protagonista, che parla in prima persona, si chiama Stefano. È evidente che l'autore dichiara così di scrivere di se stesso, di raccontare le sue esperienze in un racconto autobiografico. Sarà davvero così? Certo, se si tratta di un'opera di fantasia, l'autore si è ben documentato. Parla del Giappone, racconta di luoghi, nomi, aspetti della cultura del paese del Sol Levante in modo molto convincente.
Ecco come Zenghi descrive il posto in cui vive.

In cima alla collina di Ichijoji c’è la casa della signora Nakamura, un’enorme costruzione in legno dove ho affittato una stanza sei mesi fa, dopo che ho lasciato la gaijin-house. Questa zona, ai piedi del Monte Hiei, a Nord-est di Kyoto, è uno dei posti più belli che io abbia mai visto. Una delle poche zone urbane in Giappone dove esistono ancora costruzioni e persone totalmente... giapponesi. Per la prima volta negli ultimi dieci anni, sono riuscito a stare nello stesso posto per più di tre mesi senza impazzire.
La porta della mia camera non è chiusa a chiave. Per una questione di principio la lascio sempre aperta, anche perché non c’è nessun motivo particolare per cui dovrei chiuderla. Basta dare un’occhiata dentro per capire che non c’è assolutamente niente che valga la pena di rubare. Sei tatami di pavimento, un tavolino, un cuscino, una stufa a kerosene e uno scaffale con i libri, circa centocinquanta – tutto qui. Non mangio mai in camera, per una questione di autodisciplina, e ho bisogno solo dello strettamente indispensabile. I vestiti e il futon sono nell’armadio a muro.
A dire la verità, questa sarebbe la situazione ideale, quella magari mi ritroverò un bel giorno. La realtà è un po’ diversa. L’omissione sta nel fatto che nell’armadio a muro c’è il mio laboratorio segreto. Dietro al futon c’è un pannello di cartone che nasconde un lettore mini-disc, che funziona da centro duplicazione CD, un vecchio Trinitron da 14 pollici e un videoregistratore (trovati insieme vicino ai sacchi dell’immondizia, in fondo alla via dove abito) e un vecchio Macintosh portatile collegato in rete. Questi oggetti sono il mio inevitabile peccato, e il mio grande segreto. Nessuno mai li ha visti, perché quasi nessuno entra nella mia stanza. Il semplice fatto che sia vuota e che gli unici oggetti visibili siano dei libri la rende inospitale, mi sono reso conto.

Anche se in alcuni punti lo stile mi sembra un po' approssimativo, mi piace! E la sensazione è proprio che chi scrive parli di luoghi in cui ha davvero vissuto. Sarà solo abilità narrativa? O Stefano Zenghi scrive di esperienze realmente vissute? Non mi resta che innovare l'invito: STEFANO, FATTI VIVO!

giovedì 1 ottobre 2009

Al Chatuchak Weekend Market

L'estate scorsa sono andato in vacanza in Tailandia. Da molti anni nutro una passione sconsiderata per l'Asia in generale, e la Tailandia è uno dei posti più belli da scegliere per una vacanza.
A Bangkok un appuntamento irrinunciabile è una visita al Chatuchak Weekend Market. Lo stupore per l'incredibile estensione di questo mercato è inevitabile. C'è tutto: dai libri agli elementi d'arredo, dagli animali al cibo, dall'artigianato all'abbigliamento, dalle piante all'antiquariato.


Passeggiando nel mercato mi sono fermato a una bancarella sulla quale erano ammassate cianfrusaglie di vario tipo, soprattutto vecchi componenti elettronici e accessori per computer dall'aria decisamente antica. La mia attenzione è stata attirata da una scatola di vecchi floppy disk.
Io sono un appassionato di computer, quindi la curiosità mi ha spinto ad aprire la scatola, che conteneva, come speravo, alcuni vecchi dischetti. Ciò che mi colpì particolarmente è che su uno dei dischetti c'era una scritta, sbiadita ma leggibile, in italiano. Era una sola parola, scritta frettolosamente a matita: DISORIENTALE.

I floppy sono in disuso da diversi anni, ma sono ancora in vendita lettori esterni in grado di leggere il contenuto di questi vecchi supporti magnetici. Quindi ho acquistato la scatola, l'ho portata a Milano con me, e mi sono procurato un lettore.
I dischetti erano sei. Ne ho infilato nel lettore uno a caso – quello con la scritta in italiano l'avrei controllato per ultimo – e ho scoperto con piacere che il contenuto era inequivocabilmente per Macintosh, la piattaforma che uso anch'io da molti anni. Si trattava di un gioco, una delle prime versioni di Sim City. Gli altri dischetti contenevano ancora giochi, qualche applicazione e un paio di raccolte di font. Ma l'ultimo, quello con la scritta "DISORIENTALE", conteneva quello che sembrava un diario, o un romanzo, il cui titolo era, appunto, "Disorientale". Il possessore di quel vecchio Macintosh (un Classic? Un LC?) era evidentemente uno scrittore, o aspirante tale.
Ho cominciato a leggere, e devo dire che sono piuttosto colpito. "Disorientale" la storia di un ragazzo italiano che va a vivere in Giappone. Io non sono certo un critico letterario, ma qualcosa mi dice che questo romanzo è qualcosa di più del semplice sfogo di un aspirante scrittore. La scrittura è piuttosto imprecisa, ma penso che il racconto sia stato scritto piuttosto velocemente, senza revisioni. Ci sono anche parecchi errori di ortografia, probabilmente refusi, e anche molte frasi costruite come se fossero state pensate in inglese. Ho la sensazione che il romanzo non sia di fantasia. Credo che, almeno in parte, sia il racconto delle esperienze realmente vissute dall'autore. Mi piacerebbe sapere chi è Stefano Zenghi – questo è il nome che compare sotto il titolo – ma temo che sia uno pseudonimo, perché su Google la ricerca di "Stefano Zenghi" non produce nessun risultato, e lo stesso succede cercando in rete nei database di cognomi italiani.
Il motivo principale per cui ho deciso di aprire questo blog è questo: SE IN QUALCHE MODO STEFANO ZENGHI, O CHI SI NASCONDE DIETRO QUESTO NOME, LEGGE QUESTE RIGHE, HO UN MESSAGGIO PER LUI. FATTI VIVO! Mi piacerebbe parlare del romanzo, e vorrei farti molte domande. Lo stesso vale per eventuali amici che ritenessero di conoscere l'autore del romanzo. Se ci siete, battete un colpo. Farò altre ricerche, e pubblicherò qui eventuali novità. Man mano che lo leggo vi farò sapere anche qualcosa di più sul romanzo che, come dicevo, non sembra niente male.